Agli uomini e donne di buona volontà

Sono don Franco, parroco da 15 anni di questa comunità. Vi chiedo innanzitutto il permesso di entrare, in punta di piedi, in casa vostra: desidererei , dopo 15 anni, farvi partecipi di alcune riflessioni per “ una vita buona “ per potermi confrontare con voi.

A dire il vero è da un po’ di tempo che sto pensando a questo scritto: ho dovuto superare la freddezza di parecchie persone che mi dicevano: “ ...ma a Maccagno pensi che la leggano? A Maccagno non leggono... “. Io non credo sia così triste la situazione.
Nell’esprimere questo desiderio so che non è frutto di presunzione, ma la consapevolezza, penso condivisa, di essere con voi con una presenza fatta di ascolto, di attenzione, di disponibilità, di comprensione, di rispetto, di condivisione e di servizio. Sono il parroco, responsabile e custode della “ vita buona “ delle persone che gli sono state affidate. E un parroco non è un “ mercenario “: si preoccupa, fino all’esaurimento delle energie, di dare tutto ciò che è indispensabile perché coloro che gli sono stati affidati possano avere il necessario per “ una vita buona”. Che non manchi a nessuno ( come un padre e una madre che vogliono bene non solo ai figli buoni, ma anche e soprattutto ai figli in difficoltà ) ciò che è indispensabile ( non solo la casa, il lavoro, il denaro... ) per sentirsi persone.
Come mai questa lettera? Per vari motivi, essenzialmente per due.
Il primo. Dopo 15 anni mi sento ( e mi si sente ) non più un corpo estraneo in una comunità che per la sua storia ha sempre diffidato, e diffida, di “ intrusioni “. Vuol dire che quanto sto per esprimervi nasce da un desiderio sincero di essere utile, che non cerca il suo interesse, che non ha bisogno di primeggiare o spadroneggiare per sentirsi importante. Soprattutto perché sicuro che quanto comunicherò non è “ roba mia “ ma di Qualcun Altro più credibile di me. ( Prima lettera di S. Paolo agli abitanti di Corinto, capitolo secondo, versetti dall’ 1 al 5. )
Il secondo. Non meno importante, anzi!
Stanno accavallandosi in modo vertiginoso avvenimenti da una parte sconvolgenti ( guerre, attentati, migrazioni bibbliche, persecuzioni, catastrofi ambientali...) che suscitano in noi atteggiamenti di paura, scoraggiamento, difesa, chiusura, indifferenza... dall’altra altrettanti molteplici avvenimenti che ci dicono che si può credere in un futuro migliore:

  • l’ Anno Santo della misericordia
  • L’Enciclica sul creato Laudato Si’
  • Il summit dei Capi di Stato del mondo contro l’inquinamento atmosferico
  • Il messaggio del Papa in occasione della giornata mondiale per la pace. L’indifferenza
  • Il messaggio del Papa al Presidente del Forum Economico Mondiale

Tutti eventi per l’umanità totale che mandano un unico messaggio: o si colgono questi inviti o non c’è più speranza per un futuro vivibile. C’è un rischio da allontanare subito dalla nostra mente: è quello di considerare questo messaggio frutto di catastrofismo. Si perderebbe, per l’ennesima volta, l’opportunità di cercare qual è il giusto rapporto che l’uomo deve avere verso il creato e verso se stesso. Alcuni interventi sono il frutto della paura ( se non si interviene è la fine ), altri sono il frutto della consapevolezza della meravigliosa identità che ha l’uomo: fatto a immagine di Dio. Ha nel DNA l’ insopprimibile desiderio di amare del suo Creatore.
A questo punto della lettera, per chi l’ha letta, mi sembra di sentire una voce che mi dice: “ Don, stringiamo!. A noi cosa dice tutto questo? “.
Sì, stringiamo! Come per il mondo non c’è più tempo di rinviare scelte che permettano un futuro “ buono “, così forse anche per noi è tempo di chiederci la stessa cosa.
Noi viviamo nel Comune di Maccagno con P. e V., un territorio vastissimo con la bellezza di 16 agglomerati, ciascuno con la sua storia, le sue tradizioni, le sue feste, ... anche con 16 sue mentalità. Sono 16 “ nazioni “ che hanno intrapreso il cammino per diventare un’ unica “ nazione “. Che la si riconosce non solo a livello geografico ( di fatto già lo è ), ma soprattutto a livello di vivibilità di rapporti umani. Uno che viene da noi in vacanza, quando torna alla sua vita normale senz’ altro racconterà della bellezza della natura ( una ricchezza che riempie e ritempra fisico e spirito ), e degli abitanti cosa potrà raccontare? Quale popolo dirà di aver incontrato ?
Il frazionamento, nostra realtà, storicamente ed inevitabilmente ha costruito mentalità diverse, ha anche creato contrapposizioni, campanilismi spesso disgreganti, chiusure che si tramandano di generazione in generazione. Ha sviluppato la gara a chi fa meglio, a pensare che dagli altri non c’è niente da imparare, che io sono il più bravo e intelligente.
Si diventa refrattari al dialogo e alla collaborazione, alla ricerca del bene comune quale criterio-guida delle relazioni; aumenta la diffidenza reciproca, l’ abitudine a misconoscere e sminuire il bene e il bello che nasce intorno a noi ( invidia); si vive nel sospetto che quello che fa l’altro nasconde sempre un secondo fine; si incancrenisce il bisogno di aggregarsi in gruppi che la pensano alla stessa maniera ( vale a livello civile come a livello ecclesiale ) spesso con atteggiamenti anche aggressivi o minatori o di esclusione.....

L’indifferenza, se tutto quanto elencato è vero, trova un terreno “ ben concimato “ che permette uno sviluppo rigoglioso di zizzania. E’ una reazione inevitabile e che può essere capita se ci si sofferma su una frase, che poi diventa vita, : “ ... ma chi me lo fa fare ?! “. Lo si nota in modo evidente specie nelle fasce di età dai 40-45 anni in giù con una cascata sempre più impetuosa e marcata in coloro che si stanno affacciando alla vita .... I ragazzi. E l’indifferenza porta inevitabilmente all’individualismo ( ciascuno cerca di difendere se stesso e la famiglia ) e all’opportunismo ( ... scelgo all’occorrenza quello che più mi fa comodo; oggi mi serve una cosa e la prendo, domani me ne serve un’altra, magari all’opposto della precedente, e la prendo senza problemi ). Si affievolisce sempre più la possibilità di sentirci parte di una comunità e della ricerca del bene comune. Con tutti i difetti possibili e immaginabili, i nostri “ vecchi “ il senso di appartenenza e partecipazione attiva a una comunità lo hanno vissuto e ce l’hanno consegnato.....
NOI NE DOVREMMO FARE BUON USO

Il mondo di coloro che stanno crescendo e affacciandosi alla vita. E’ questo un “ mondo “ che merita un’attenzione urgente, costante, appassionata, disinteressata, gratuita da parte di una comunità che crede in loro, che vede in loro la possibilità di un futuro buono.... Che storicamente non ci sia mai stato bisogno di un’attenzione particolare verso i ragazzi, emerge chiarissimo. Mi spiego meglio. Non c’è mai stata un’attenzione per educare a una vita di comunità; ogni famiglia badava ai propri figli e allacciava rapporti con altre famiglie i cui figli avevano fatto amicizia con i propri. Niente di male, anzi! Era ( e forse lo è ancora ) una necessità che rispondeva al bisogno di ciascuno di relazionarsi con altri. Ma non c’è mai stato chi, senza interessi personali, si interessasse dei ragazzi in generale, del “ popolo dei ragazzi “. Il momento di vita comune dei ragazzi era ridotto alla domenica all’oratorio. Qui voglio ringraziare persone e famiglie che hanno dedicato tempo e attenzione. C’era un motivo per il quale il tempo comunitario si concentrava solo alla domenica: i ragazzi, già nelle scuole medie, dopo l’orario scolastico, erano impegnati in lavori vari. Tutto questo fino a 30 – 40 anni fa. Poi non ci si è accorti dell’evolversi della vita che ha coinvolto tutte le fasce di età. Anche quella dei ragazzi che hanno avuto molto più tempo libero dopo l’orario scolastico. Non si è preso in considerazione il fatto che i ragazzi non vivono solo la domenica pomeriggio, ma tutti i giorni; tutti i giorni hanno bisogno di stare insieme. Ma dove? “ Una casa comune “ abitabile e decorosa è il primo segno di attenzione e rispetto da parte di chi vuol bene. La Cittadella esiste anche pensando a loro. Una casa comune...abitata da persone disponibili a condividere la loro vita; che scelgono di dedicarsi a loro senza rimpianti . Tutti i giorni. Questo settore della vita della nostra comunità è determinante per il futuro, ma è anche complesso. Merita un approfondimento. Per questo inviterei gli uomini e le donne di buona volontà ad un incontro il giorno 4 marzo alle ore 20.45 in Cittadella ( Centro Parrocchiale ). Colgo l’occasione per ringraziare coloro che hanno dedicato e dedicano tempo ed energie senza aspettarsi nulla in cambio; una riconoscenza eterna.

Un’ ultima riflessione per gli uomini e le donne di buona volontà e, in particolare, rivolto a coloro che si dicono credenti. Prendo lo spunto dal messaggio che il papa ha proposto in occasione della giornata mondiale per la pace e che dice così:
“....Alcuni avvenimenti degli anni passati e dell’anno appena trascorso mi invitano, nella prospettiva dell’anno nuovo, a rinnovare l’esortazione a non perdere la speranza nella capacità dell’uomo, con la grazia di Dio, di superare il male e a non abbandonarsi alla rassegnazione e all’indifferenza. ( cfr quanto elencato all’inizio lettera oltre al Summit di Addis Abeba per raccogliere fondi per lo sviluppo sostenibile del mondo finalizzata ad assicurare un’esistenza più dignitosa a tutti entro il 2030 ). ....... Come creature dotate di inalienabile dignità noi esistiamo in relazione con i nostri fratelli e sorelle, nei confronti dei quali abbiamo una responsabilità e con i quali agiamo in solidarietà. Al di fuori di questa relazione, ci si troverebbe ad essere meno umani. L’indifferenza costituisce una minaccia per la famiglia umana. Certo è che l’atteggiamento dell’indifferente, di chi chiude il cuore per non prendere in considerazione gli altri, di chi chiude gli occhi per non vedere ciò che lo circonda o si scansa per non essere toccato dai problemi altrui, caratterizza una tipologia umana da sempre, ma che ai giorni nostri ha assunto una dimensione globale. .....La prima forma di indifferenza nella società umana è quella verso Dio, dalla quale scaturisce anche l’indifferenza verso il prossimo e il creato... “. Il papa poi analizza i vari volti dell’indifferenza verso il prossimo su cui non mi soffermo. Prendo invece spunto dall’indifferenza verso Dio per rilevare quanto sia reale nella vita del nostro paese. Vorremmo, noi sacerdoti, poterci confrontare con coloro che si dicono praticanti per capire quali sono le cause e che cosa ci chiede il Signore in questo momento storico per essere sale e luce, portatori di una “ vita buona “ nella nostra comunità. Inviteremmo ad un incontro domenica 6 marzo alle ore 15.30 in Cittadella ( Centro parrocchiale ).

IN CONCLUSIONE: NON POSSIAMO PIÙ PERDERE TEMPO..... NON SI PUÒ PIÙ VIVERE DI RENDITA....
..... facendo finta che va bene così

E il cambio di marcia parte innanzitutto nel metterci in discussione a livello personale e comunitario possibile solo dal superamento degli odi incrociati. Vincere il rancore con il perdono è il primo passo vincente per costruire una vita buona: vera e non di facciata. Dove il frutto del perdono sia la ricerca di una collaborazione ( pur nelle diversità ) per un buon vivere. L’ Anno Santo della misericordia possa avere questo punto di partenza.

Vi ringraziamo per l’attenzione e la pazienza. Confidiamo nella vostra buona volontà perché sappiamo che esiste; occorre solo avere coraggio che nasce dal rispetto di se stessi.

Chiedo poi perdono per i miei difetti e incapacità che senz’altro non mancano. Pregate per me perché possa sempre essere in mezzo a voi con gli stessi sentimenti del Signore. Sempre a disposizione per un dialogo di persona, guardandoci .

Con rispetto
Don Viniero don Ennio don Franco